(La seguente relazione viene pubblicata con il consenso dell'autore.
Il testo è la trascrizione della registrazione live, effettuata con la
massima fedeltà, salvo le necessarie modifiche alla forma interlocutoria
per la più agevole lettura.)
INTERAZIONE UOMO-ANIMALE: NOTE DI ZOOANTROPOLOGIA
Roberto Marchesini, veterinario, zooantropologo [(Bologna, 1959), membro del consiglio direttivo della Società italiana di scienze comportamentali applicate (SISCA), direttore di "Quaderni di Bioetica", da alcuni anni tiene lezioni di zooantropologia e bioetica veterinaria in vari atenei italiani. Tra i libri pubblicati: Natura e pedagogia (Theoria, 1996), Oltre il muro (Muzzio, 1996), Il concetto di soglia (Theoria, 1996), Animali di città (Red, 1997), Io e la natura (Macro, 1998). Ha curato Zooantropologia (Red, 1999) e Bioetica e professione medico-veterinaria (Macro, 1999).]
Perché dobbiamo occuparci
di animali?
Ormai l'uomo vive, dal punto di vista organico, all'interno della biosfera,
ma dal punto di vista dell'interazione facciamo ormai parte non solo della biosfera
ma sempre di più della tecnosfera, della infosfera, sempre di più
la nostra realtà è correlata ad un guscio artificiale che ci modifica,
che muta completamente il nostro rapporto con il mondo esterno. Vediamo sempre
in maggior misura che le tecnologie si trasformano in biotecnologie, che le
tecnologie entrano nel nostro corpo, che la nostra interazione col mondo è
sempre più interfacciata con realtà virtuali, con realtà
di altre dimensioni, e quindi possiamo chiederci se sarà possibile per
l'uomo di domani togliersi gli animali di torno, allontanarsi completamente
dal mondo animale, non avere più gli animali vicino a sé, e sarà
auspicabile questo scenario? Secondo il mio punto di vista è questa la
domanda centrale. Noi possiamo parlare di pet-therapy, dei benefici che l'uomo
trae dal rapporto uomo animale, ma se non cerchiamo un motivo, cioè se
non cerchiamo di dare una fondazione epistemologica sul perché l'uomo
interagisce con il mondo animale, non riusciremo mai ad entrare nel cuore del
problema. Faremo semplicemente una valutazione empirica di alcune caratteristiche,
ma non riusciremo a spiegarle, non rientreremmo all'interno del contesto della
scienza, che non solo si occupa di descrivere un fenomeno naturale, ma cerca
anche di esplicarlo, cerca di fornire delle spiegazioni plausibili rispetto
a quel determinato fenomeno. Quindi, all'interno del paradigma scientifico,
descrizione e spiegazione vanno insieme. Fino a che non riusciremo a trovare
un motivo portante, fondativo, che da un punto di vista epistemologico spieghi
per quale motivo l'uomo ha bisogno degli animali, noi non riusciremo realmente
a comprendere la pet-therapy . Ora, abbiamo accennato alla tutela degli animali,
e io penso che due domande debbano essere presenti, soprattutto per coloro che
si occupano in modo professionale degli animali, perché come dico spesso
il rapporto uomo animale è un rapporto non semplice da comprendere. Molte
persone banalizzano il rapporto con gli animali, per cui capita che il rapporto
uomo animale sia un argomento da bar, e questo è sicuramente molto sbagliato,
perché il nostro rapporto con gli animali è un argomento molto
più complesso di quanto si possa credere. Parlare di benessere animale,
di tutela degli animali, ci deve muovere prima di tutto due domande, la prima
è come tutelare gli animali, come difendere i loro interessi. Vedendo
i tanti pronunciamenti, soprattutto di filosofi che non hanno ben chiare le
caratteristiche del mondo animale, vedremo che agli animali vengono assegnati
dei diritti di cui farebbero volentieri a meno, e nello stesso tempo vengono
negati dei bisogni e delle necessità che sono di primaria importanza.
Come tutelare gli animali è un tema essenziale. Ci aiutano le scienze
comportamentali applicate, in particolare l'etologia applicata, la medicina
comportamentale animale e la zooantropologia, che studiano le caratteristiche
del rapporto uomo animale, come assicurare il benessere animale, come rispondere
ai bisogni degli animali partendo dalle loro specificità.Ossia dal loro
etogramma di specie, dalle loro appetenze, dai loro moduli comportamentali,
quindi mediante un'analisi approfondita delle scienze comportamentali applicate,
noi rispondiamo alla prima domanda. Come difendere gli animali. Come valorizzare
il rapporto e come tutelare gli interessi degli animali, che come vi dicevo
non sono così scontati, perché qui parliamo di interessi di altre
specie. Quando si parla di diritti degli animali molto spesso si dice dare diritti
ai diversi, questo è profondamente sbagliato, non si tratta di parlare
di dare diritti ai diversi, quando i diritti sono quelli omologati che ci provengono
dalla tradizione illuministica, si tratta di riconoscere diritti diversi, cioè
riconoscere interessi che sono completamente differenti e che attengono a quelle
che sono le caratteristiche della specie, quindi la parola "come"
difendere nasce da uno stretto rapporto dello studio del comportamento animale
e delle scienze comportamentali.
La seconda domanda è: perché difendere gli interessi degli animali?
Non è una domanda scontata, perché implica dei livelli, riuscire
a controllare la condotta umana nei confronti degli animali, codificare la condotta
umana. Quindi prevedere delle ristrettezze in determinati comportamenti, dei
vincoli, delle responsabilità;
a questa domanda risponde la bioetica animale. Come regolare la propria condotta,
parlare di moralità allargata, ristretta, sono argomenti che meritano
approfondimenti, da parte di persone che si occupino del rapporto uomo animale
evitando dei pronunciamenti quali: gli animali sono esseri viventi per cui dobbiamo
difenderli, perché non ha alcun senso questo pronunciamento.
E' dunque possibile costruire una fondazione epistemologica del rapporto uomo
animale?
Questa domanda se la è posta la zooantropologia. E' la domanda che mette
sotto critica l'idea antropologica di uomo autosufficiente, autarchico, per
cui la cultura è un affare nostro, le altre specie non c'entrano assolutamente
niente; nella posizione culturale della nostra specie, nella crescita culturale
della nostra specie non abbiamo fatto altro che guardarci allo specchio. Questa
idea di realtà esterna rappresentata dall'uomo, costruita dall'uomo,
che è la fondazione tipica di una antropologia chiusa in se stessa, autoriferita,
è messa in discussione dalla zooantropologia, che vede nella cultura
umana l'espressione del rapporto uomo alterità. Alterità animale,
alterità tecnologica, vegetale, cioè la costruzione di una antropologia
referenziale, che vede il rapporto come momento fondante per la crescita. E'
uno slittamento di significati, da un'idea di autosufficienza dell'uomo, si
passa ad una idea di uomo che si riferisce, che si coniuga con l'alterità,
che costruisce ibridazioni culturali, dalle quali scaturisce un modo nuovo di
concepire l'essere umano. La cultura è un progetto, molto spesso mi sento
dire che la tecnologia è neutra; non è assolutamente vero, ogni
volta che l'uomo costruisce una tecnologia costruisce una nuova dimensione per
l'essere umano. Siamo ancora legati a una idea fissista dell'uomo, abbiamo introiettato,
da un punto di vista scientifico, molto bene l'evoluzionismo, ma quando si tratta
di portare l'evoluzionismo nelle scienze umane,
ci troviamo impaniati e ancora legati a una idea fissista immobilista di uomo
come realtà già data. A mio avviso questo è il punto chiave.
L'uomo si costruisce anche nel rapporto uomo animale. Allevare gli animali,
prendersene cura, significa avere un essere umano che comunque ha necessità
di costruire un ponte referenziale con l'alterità. Ovvero partire da
una idea della nostra specie non completamente isolata, che tratti gli altri
esseri viventi come oggetti, ma come una specie che è profondamente portata
a costruire partnership con altre specie, e che quando questa alterità
gli viene sottratta la ricerca.
Abbiamo visto che quasi tutti riconoscono che l'uomo tende a surrogare una referenza
umana con una animale, animale surrogato del partner, del figlio, dell'amico,
questo capita molto spesso; purtroppo non altrettanto spesso si parla di quante
volte noi surroghiamo gli animali con altre alterità, di come gli animali
ci manchino quando ne siamo privati.
L'uomo non è capace di vivere senza gli animali, l'uomo lontano dagli
animali diventa meno uomo; questo paradosso, che può sembrare apparente,
nasce dalla consapevolezza che la cultura non è chiusura dell'uomo all'interno
delle proprie caratteristiche di specie, ma un mettere in discussione le proprie
caratteristiche di specie costruendo un ponte ibridativo con un'altra alterità,
che vede il mondo in maniera diversa, che è immersa nel mondo in maniera
diversa, che ha una diversa cognizione del mondo, che ha una diversa operatività
sul mondo. Questo non porta solamente all'imitazione, l'uomo non ha costruito
la propria cultura semplicemente imitando; se l'uomo viene messo sotto scacco
semplicemente dalla presenza di alterità animale, perché pone
in discussione il proprio mondo, tuttavia la nostra specie è portata
a costruire relazioni con l'alterità animale. La fondazione epistemologica
della pet-therapy e dell'interesse per gli animali sta nel fatto che l'uomo
non è un essere autosufficiente, ha aperto la propria storia evolutiva
attraverso una relazione con la partnership animale, e quindi ha motivazioni
profonde per farlo. L'animale costituisce un'entità di estremo fascino
per l'uomo, l'uomo fa fatica a sottrarsi alla presenza animale, l'uomo non solo
osserva ma ha bisogno molto spesso di adottare un animale; fin da piccolo l'uomo
può avere migliaia di referenti ma prediligerà sempre l'animale,
quindi l'aspetto che a mio avviso è fondativo della zooantropologia è
l'idea di una presenza zootropica tipica della nostra specie. Come può
essere spiegata questa tendenza?
La zooantropologia ammette due possibilità, una primaria e una cooptativa.
La primaria viene da una intuizione particolarmente felice di Claude Lévi-Strauss,
per la quale l'animale non è buono soltanto da mangiare, ma anche da
pensare. L'uomo ha da sempre osservato l'animale per costruire la propria cultura,
quindi l'ha utilizzato come operatore tassonomico, operatore cognitivo, operatore
percettivo. Da questa idea parte l'analisi di buona parte dell'etologia umana,
in particolare quella di Eibl-Eibesfeldt, che è un discepolo di Konrad
Lorenz, e che ha valutato come effettivamente, tra le tante caratteristiche
innate dell'uomo, come ad esempio quella di preferire strutture ordinate, codificare
la percezione attraverso altri appigli da un punto di vista cognitivo (psicologia
della gestalt), oppure andare verso situazioni di pregnanza, la capacità
di mettere insieme e di ricostruire delle entità anche quando mancano
dei particolari, tra queste caratteristiche Eibl-Eibesfeldt nota che l'uomo
tende a vedere animali anche dove non ci sono, cioè ad utilizzare l'animale
come operatore cognitivo. Ad esempio, se vedo una nuvola, e non so che forma
abbia, gli dò una forma animale, cerco di utilizzare la morfologia animale,
cioè il teriomorfismo per costruire una ermeneutica, una interpretazione
del mondo.
Accanto a questa ricerca, interessantissima, l'antropologo Shepard ha fatto
uno studio sulla capacità dell'uomo di vedere la forma animale in un
insieme di segni. E' interessante notare come lo studio di Shepard sia correlato
alla ricerca di Eibl-Eibesfeldt. Eibl-Eibesfeldt vede che l'uomo tende a vedere
forme animali anche dove non ci sono, Shepard prova a vedere, mettendo soggetti
nascosti, animali e non, qual è il correlato della ricerca. Vede che
durante il test le persone scoprono il soggetto nascosto oltre il 90% delle
volte se si tratta di un animale, mentre altrimenti non arrivano al 40%. Shepard
nota inoltre che la soddisfazione nell'aver scoperto una forma animale è
maggiore dell'aver scoperto un oggetto inanimato.
Ora questi dati, da una parte la tendenza a vedere animali anche dove non ci
sono, dall'altra la capacità di rinvenire animali, ci dimostrano che
effettivamente per quanto riguarda la percezione l'uomo considera il teriomofismo
come forma elettiva. Questa interessante ricerca mostra come l'animale sia per
l'uomo una passione forte, e che quindi tutte le volte che l'uomo può
si interessa di realtà animali.
L'altra ipotesi, per fondare la zooantropolgia teorica, suppone che non ci sia
una zootrofia pura, ma di cooptazione. Nell'uomo c'è un differimento
dello sviluppo encefalico, dopo la nascita, nel senso che quando il piccolo
d'uomo nasce è più maturo rispetto a quello di altre antropomorfe.
Lo si dimostra col fatto che le ossa craniche non sono saldate, che c'è
uno sviluppo encefalico superiore, per cui tutto l'encefalo ha uno sviluppo
post natale predisposto a quintuplicare. Questo differimento dello sviluppo
encefalico fa sì che l'uomo sia più bisognoso di cure parentali
rispetto alle altre specie antropomorfe. L'uomo ha pertanto sviluppato una capacità
di fornire cure parentali molto più perfezionata rispetto alle altre
antropomorfe. Secondo questa teoria, l'uomo sarebbe un virtuoso delle cure parentali.
Voi sapete come il meccanismo etologico è molto chiaro nel definire come
si esplica un comportamento; nel momento in cui appetenza e stimolo chiave si
incontrano, ecco che si esplica il meccanismo comportamentale (dalla fase appetitiva
alla fase consumatoria). Quali sono i due referenti chiave di questo dialogo?
Il bisogno di dare cure parentali, e le forme giovanili. Quando avete molta
fame, siete disposti a mangiare qualsiasi cosa. Anche un alimento che farebbe
molta fatica a evocarvi un comportamento di alimentazione, esso suscita la fase
appetitiva. L'uomo ha un grande appetito nel dare cure parentali. Qualsiasi
forma giovanile è in grado di aprire la cassaforte delle cure parentali
dell'uomo. Noi riconosciamo le forme giovanili con grande capacità, superiore
a qualsiasi altra specie animale. Parallelamente al differimento dello sviluppo,
si è formata la tendenza all'adozione interspecifica.
L'interesse per gli animali sarebbe appunto una cooptazione. Primo passo verso
l'ibridazione culturale.
Una specie che ha un periodo di socializzazione così lungo, che quindi
costruisce dei gruppi misti, fa sì che i bambini giochino con i cani
o con altri animali, abbiano continuamente dei prestiti culturali e comportamentali.
Guardate una persona che gioca con il proprio cane in un parco: essa assume
delle posture che hanno un significato nel mondo canino, e senza significato
tra gli uomini. L'ibridazione non è solo imitazione, è molto più
complessa. E' un'apertura del sistema uomo a qualsiasi forma di prestito, è
la capacità di considerare il proprio mondo come relativo. Questo è
fondamentale, perché se noi non riusciamo a considerare il nostro mondo
relativo, non potremo mai costruire un pensiero controintuitivo. Intuitivo dall'osservazione
è credere che il sole che tramonta e risorge gira intorno alla terra.
Per costruire un pensiero controintuitivo devo pensare alla mia intuizione come
a qualcosa di relativo, di perfettibile. Questa capacità è legata
all'ibridazione culturale. La capacità di assegnare un dominio al proprio
apparato percettivo, e quindi è la capacità di mettersi in discussione.
Allora si spiega perché un bambino che cresce con un animale ha un immaginario
più forte, un bambino che è abituato ad interagire con gli animali
successivamente all'elaboratore lavora meglio di un bambino che ha interagito
solo con l'elaboratore (realtà omologata sull'uomo, povera di diversità
culturale, che è invece quanto consente al pensiero umano di formulare
teorie controintuitive, col carattere visionario che caratterizza le idee di
ogni creatore).
Lo scienziato nel formulare una teoria deve andare contro pregiudizi, contro
l'intuizione, deve condannarsi a essere un visionario fino a che le verifiche
sperimentali non confermino le sue idee.
Per concludere, volevo mettere in chiaro che non dobbiamo guardare al rapporto
uomo animale dal punto di vista dei risultati, accontentarci di descrivere questo
rapporto, non dobbiamo darlo per scontato. Non dobbiamo pensare che quando tuteliamo
i diritti degli animali lo facciamo perché siamo buoni, è qualcosa
di molto più complesso. Gli animali appartengono al nostro mondo referenziale,
sono la nostra dimensione. Esattamente come la tecnosfera; noi non potremmo
vivere senza i nostri strumenti tecnologici, che hanno interagito con noi, hanno
modificato il nostro modo di essere umani, anche da un punto di vista biologico.
Questa relazione è scritta dentro di noi. Detto questo, dobbiamo capire
perché gli animali hanno capacità terapeutiche; la zooantropologia
comprende in sé la pet-therapy, che è un suo ambito di applicazione.
Valorizzare in questo senso il rapporto uomo animale è fondamentale,
per capire che per una costruzione culturale dell'uomo forte è necessaria
la presenza dell'animale. Compreso questo si è compreso anche il nostro
ruolo sociale (veterinari, operatori, volontari), dobbiamo acquisire la consapevolezza
dell'importanza oggi, sulla base delle tesi della zooantropologia, dell'importanza
sociale di essere operatore di pet-therapy, o di essere volontari zoofili. Naturalmente
con una adeguata preparazione. Perché se è plausibile che sull'argomento
si possano fare chiacchiere da bar, non lo è più se attribuiamo
al rapporto uomo animale una valenza non banalizzata, ma una valenza fondativa
per la nostra essenza.